INSIDIA STRADALE: LA TESTIMONIANZA DEL FAMILIARE – CASS. CIV. N.14706/2016

Pubblicato il 06/10/2016

Il Comune deve risarcire il soggetto che inciampa su un tombino, dovendo riconoscersi piena valenza probatoria alla testimonianza del fratello dello stesso, anche se non indicata subito nell’atto di citazione.

In merito alla deposizione del fratello, la S.C. si è espressa affermando che “non sussiste con riguardo alle deposizioni rese dai parenti o dal coniuge di una delle parti alcun principio di necessaria inattendibilità connessa al vincolo di parentela o coniugale, siccome privo di riscontri nell'attuale ordinamento, considerato che, venuto meno il divieto di testimoniare previsto dall'art. 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 248 del 1974, l'attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente, in difetto di ulteriori elementi in base ai quali il giudice del merito reputi inficiarne la credibilità, per la sola circostanza dell'esistenza dei detti vincoli con le parti" (cfr., da ultimo 4202/2011; Cass. n. 25549/2007)

Per quanto attiene la mancata indicazione nell’atto di citazione del testimone, la S.C. ha precisato che "Qualora in atto introduttivo sia stata proposta istanza istruttoria di prova testimoniale senza indicare il nome del teste, e quest'ultimo tuttavia sia successivamente indicato entro i termini che il rito consente per il completo dispiegamento delle istanze istruttorie, tale legittima scelta dell'istante non può assumere alcun significato a lui sfavorevole ex art. 116 c.p.c."