VIOLAZIONI AL CDS: SI APPLICA LA MAGGIORAZIONE DEL 10% A SEMESTRE PER IL RITARDO NEL PAGAMENTO

Pubblicato il 28/11/2017

Alle sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada si applica la maggiorazione del 10% per ogni semestre di ritardo nel pagamento, a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore.

Lo ha statuito la Corte di Cassazione, Sezione III, con l’ordinanza n.27887 del 23.11.2017, di seguito riportata:

“L.F. proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale notificatale dall'agente della riscossione e riguardante i crediti vantati dal Comune di B. per sanzioni amministrative relative a violazioni del Codice della Strada; - si costituiva il Comune di B., mentre restava contumace Equitalia Sud S.p.A.; - con sentenza n. 2349 del 13 giugno 2012, il Giudice di Pace di Bari accoglieva la domanda e, conseguentemente, annullava la cartella condannando l'ente impositore e l'agente della riscossione alla rifusione delle spese del giudizio; - proponeva appello avverso tale decisione il Comune di B.; - il Tribunale di Bari, con la sentenza n. 5691 del 18 dicembre 2014, accoglieva l'appello e, in riforma della sentenza impugnata, pronunciava «la nullità della cartella di pagamento n.(…), emessa dalla Equitalia Sud Spa nei confronti di F.L., limitatamente agli importi in essa indicati a titolo di maggiorazioni ex art. 27 della legge n. 689/1981», mentre dichiarava «per il resto inammissibile l'opposizione»; le spese di entrambi i gradi di giudizio venivano compensate; - il Comune di B. impugna la predetta sentenza con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo; - resiste con controricorso L.F.; - il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. e ha chiesto l'accoglimento del ricorso; - anche il Comune ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

CONSIDERATO CHE: 1. Con l'unico motivo il ricorrente censura la decisione per violazione o falsa applicazione (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) dell'art. 27 legge 24 novembre 1981, n. 689 e degli artt. 203, 204 e 206 D.Igs. 30 aprile 1992, n. 285, per avere il giudice di merito ritenuto illegittima la pretesa delle maggiorazioni previste dal comma 6 del citato art. 27 («Salvo quanto previsto nell'art. 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.»), disposizione considerata inapplicabile alle sanzioni amministrative comminate per la trasgressione di norme del Codice della Strada. 2. La censura è fondata. La decisione del Tribunale si basa sulla sentenza di questa Corte n. 3701 del 16/2/2007, secondo la quale «alle sanzioni, come nella specie stradali, si applica l'art. 203 C.d.S., comma 3, che, in deroga alla L. n. 689 del 1981, art. 27, in caso di ritardo nel pagamento della sanzione irrogata nell'ordinanza-ingiunzione, prevede, l'iscrizione a ruolo della sola metà del massimo edittale e non anche degli aumenti semestrali del 10%». Il precedente, motivato esclusivamente da un'apodittica affermazione di incompatibilità tra l'art. 27, comma 6, della legge n. 689 del 1981 e l'art. 203 del Codice della Strada, è stato superato da un più recente orientamento interpretativo. Infatti, la successiva giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto applicabile anche alle violazioni delle norme sulla circolazione stradale la maggiorazione del 10% per ogni semestre di ritardo a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e ciò sino a quando il ruolo non viene trasmesso all'esattore; tale previsione è compatibile con un sistema afflittivo di carattere sanzionatorio in caso di ulteriore ritardo nel pagamento e col chiaro disposto dell'art. 27 della legge n. 689 del 1981 che, in caso di ritardo nel pagamento, prevede la maggiorazione di un decimo per ogni semestre (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 22100 del 22/10/2007, non massimata sul punto; Cass., Sez. 6-2, Sentenza n. 1884 del 01/02/2016, Rv. 639142-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21259 del 20/10/2016, Rv. 642953-01; Cass., Sez. 6-2, Sentenza n. 15158 del 22/7/2016, non massimata; Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 20074 del 6/10/2016; non massimata; Cass., Sez. 6-2, Sentenza n. 21340 del 24/10/2016, non massimata; Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 7811 del 28/3/2013, non massimata). Inoltre, con l'ordinanza n. 308 del 14/7/1999 la Corte Costituzionale, nel dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata, ha statuito che «la maggiorazione per ritardo prevista dall'art. 27, sesto comma, della legge n. 689 del 1981 a carico dell'autore dell'illecito amministrativo, cui sia stata inflitta una sanzione pecuniaria, ha funzione, non già risarcitoria o corrispettiva, bensì di sanzione aggiuntiva, nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale». In conclusione, la sentenza impugnata è cassata, ma - non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto - la causa può essere decisa nel merito (ex art. 384 cod. proc. civ.) ripristinando la sanzione accessoria e, cioè, sostituendo alla decisione del Tribunale una statuizione di rigetto dell'opposizione di L.F.. 3. Ai sensi dell'art. 385, comma 2, cod. proc. civ. occorre provvedere sulle spese di tutti i gradi del giudizio. La controricorrente va dunque condannata alla rifusione delle spese sostenute dal Comune di B., le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i parametri e le tariffe ratione temporis applicabili (d.m. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55; d.m. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140; d.m. Giustizia 5 ottobre 1994, n. 585).

P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, pronunziando nel merito, respinge l'opposizione di L.F.; condanna L.F. a rifondere al Comune di B. le spese della causa, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi, oltre a Euro 200,00 per esborsi e ad accessori di legge per il giudizio di cassazione, in Euro 800,00 per l'appello e in Euro 500,00 per il primo grado, oltre ad accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 12 ottobre 2017”.